mercoledì 28 aprile 2010

Nicola Bombacci - il comunista in camicia nera

Oggi vi voglio proporre la biografia di un uomo che, a mio parere, è stato molto importante nella storia d'Italia.
Nicola (Nicolò) Bombacci è stato un politico italiano.
(Civitella di Romagna, 24 ottobre 1879 – Dongo, 28 aprile 1945)

Nicola Bombacci fu un politico italiano della prima metà del Novecento. Noto dirigente socialista durante la Prima Guerra Mondiale e il primo dopoguerra, fu uno dei fondatori del Partito Comunista d'Italia nel 1921. Dopo l'instaurazione della dittatura fascista rimase in Italia e negli anni Trenta si avvicinò al fascismo, dirigendo la rivista La Verità. Partecipò alla Repubblica Sociale Italiana (RSI) e fu fucilato con Mussolini nell'aprile del 1945.

Gli anni socialisti (1879-1920)
Nicola Bombacci nacque a Civitella di Romagna, in provincia di Forlì, il 24 ottobre 1879. Dopo una breve esperienza in seminario, divenne insegnante elementare. Fin da inizio secolo fu attivo nel mondo sindacale operando tra Crema, Piacenza e Cesena e venendo eletto nel 1911 membro del Consiglio Nazionale della Confederazione Generale del Lavoro (CGdL).
A Modena, durante il primo conflitto mondiale, ebbe il suo trampolino di lancio, divenendo il leader indiscusso del socialismo locale, tanto che lo stesso Mussolini (che lo conosceva fin dal 1906, quando entrambi erano maestri di scuola) lo definì "il Kaiser di Modena". Tra le guerre balcaniche e la rivoluzione russa fu contemporaneamente segretario della Camera del Lavoro, segretario della Federazione socialista provinciale modenese e direttore del periodico socialista "Il Domani".

Nel luglio 1917, Bombacci venne nominato membro della Direzione del Partito Socialista Italiano (PSI), affiancando il segretario Costantino Lazzari nella redazione della famose circolari dirette alle sezioni del partito e il direttore del periodico socialista Giacinto Menotti Serrati nell'opera di conquista del movimento operaio da parte della corrente socialista massimalista. Nel 1918, con gli arresti di Lazzari nel gennaio e di Serrati nel maggio, rimase praticamente solo alla guida del Partito. Fautore di una politica fortemente antiriformista, centralizzò e verticalizzò tutto il socialismo italiano: le federazioni provinciali del partito e il Gruppo Parlamentare Socialista (GPS) diventarono dipendenti direttamente dalla Direzione del PSI, alla quale si collegavano anche le organizzazioni sindacali e cooperativistiche rosse.

Nel 1919 redasse con Serrati, Gennari e Salvadori il programma della frazione massimalista, vincente al XVI Congresso Nazionale del Partito Socialista Italiano (Bologna, 5-8 ottobre 1919): eletto segretario del Partito (11 ottobre 1919) e, il mese seguente, nelle prime elezioni politiche generali del dopoguerra (16 novembre 1919) deputato nella circoscrizione diBologna con oltre centomila voti fu una delle figure più potenti e visibili del socialismo massimalista nel biennio rosso.

Nel gennaio 1920 presentò un progetto di costituzione dei Soviet in Italia, che ottenne pochi consensi e molte critiche, contribuendo però ad aprire un acceso dibattito teorico sulla stampa di partito. In aprile, fu il primo socialista italiano ad incontrare dei rappresentanti bolscevichi a Copenaghen, mentre in estate fu uno dei membri della delegazione italiana che andò nella Russia sovietica, partecipando anche al II Congresso dell'Internazionale Comunista. Fondatore nell'autunno della Frazione comunista insieme ad Antonio Gramsci, Amadeo Bordiga,Egidio Gennari e Antonio Graziadei, oltre che direttore del periodico "Il Comunista", al XVII Congresso Nazionale del PSI (Livorno, 15-21 gennaio 1921) optò decisamente per la scissione, non esitando ad entrare nel Partito Comunista d'Italia, Sezione Italiana della III Internazionale (PCd'I), nel quale divenne membro del Comitato Centrale.

Gli anni comunisti (1921-1927)
Rieletto deputato nelle elezioni politiche generali della primavera del 1921 nella circoscrizione di Trieste, Bombacci, non avendo una sua corrente nel nuovo partito, si trovò piuttosto isolato rispetto al gruppo ordinovista di Gramsci, Togliatti, Terracini e Tasca e agli astensionisti di Bordiga. Si situò nell'ala destra del PCd'I con Francesco Misiano, propenso ad un riavvicinamento coi massimalisti e contrario al partito settario e ideologizzato voluto dal Bordiga.

Fu presto estromesso dai centri direttivi comunisti, cominciando dal Comitato Centrale del Partito. La polemica arrivò fino alle alte sfere sovietiche nel novembre 1923, quando il Comitato Esecutivo del PCd'I ne decise unilateralmente l'espulsione senza consultare l'Internazionale Comunista. Si accusava Bombacci, allora segretario del Gruppo Parlamentare Comunista, di aver fatto riferimento ad una possibile unione delle due rivoluzioni - quella bolscevica e quella fascista - in un intervento alla Camera dei deputati il 30 novembre 1923. Semplicemente, su indicazione dell'ambasciatore russo in Italia, Jordanskij, aveva prospettato un trattato economico italo-russo, fortemente voluto dal Cremlino. Nel gennaio del 1924, Bombacci fu dunque richiamato a Mosca, dove rappresentò la delegazione italiana ai funerali di Lenin: Grigorij Zinov'ev ne decise il reintegro nel PCd'I, in quei mesi decimato dalla campagna di arresti decretata dal governo fascista di Mussolini.

Al suo ritorno in Italia, però, Bombacci iniziò a lavorare all'Ambasciata russa a Roma, al servizio del commercio e della diplomazia sovietica. Nel 1925 fondò la rivista "L'Italo-Russa", poi una omonima società di import-export, che ebbero entrambe vita breve. Il suo distacco dal Partito era ormai palese: nel 1927 i dirigenti comunisti in esilio ne decretarono l'espulsione definitiva.


Gli anni dell'inattività politica e dell'avvicinamento al fascismo (1927-1945)
Negli "anni del silenzio", Bombacci continuò a vivere a Roma con la famiglia. La collaborazione con l'Ambasciata sovietica sembra che non si prolungò più in là del 1930. Le necessità economiche e le gravi condizioni di salute del figlio Wladimiro, che abbisognava di costose cure, lo indussero a chiedere aiuto a gerarchi del regime, che conosceva da tempo - Leandro Arpinati, Dino Grandi, Edmondo Rossoni -, e poi allo stesso Benito Mussolini, con il quale aveva avuto rapporti politici nel periodo giolittiano. Il Duce gli concesse alcune sovvenzioni in denaro per le cure del figlio e gli trovò un impiego all'Istituto di Cinematografia Educativa della Società delle Nazioni a Roma.

Dal 1933 Bombacci si avvicinò poco a poco sempre più chiaramente al fascismo, tanto che con il 1935 si può parlare di una vera e propria adesione. Mussolini, all'inizio del 1936, gli concesse di fondare La Verità, una rivista politica allineata sulle posizioni del regime, che, a parte alcune interruzioni dovute all'opposizione del fascismo intransigente dei Farinacci e degliStarace, durò fino al luglio del 1943. Al progetto collaborarono svariati altri ex-socialisti come Alberto e Mario Malatesta, Ezio Riboldi, Arturo Labriola, Walter Mocchi, Giovanni e Renato Bitelli ed Angelo Scucchia. Bombacci non ebbe mai la tessera del Partito Nazionale Fascista (PNF), per quanto la richiese ripetutamente al capo del fascismo, al quale scriveva sovente. Dopo la caduta del regime fascista il 25 luglio 1943 e, in settembre, la liberazione di Mussolini dal Gran Sasso e la creazione della Repubblica Sociale Italiana (RSI), Bombacci decise volontariamente di andare a Salò, dove divenne una specie di consigliere di Mussolini.

Da allora l'ex-fondatore del Partito Comunista d'Italia ebbe più spazio e visibilità. La sua innata capacità oratoria e la sua vicinanza alle classi lavoratrici potevano risultare utili alla propaganda fascista: pubblicò alcuni opuscoli sui pericoli del bolscevismo e la degenerazione staliniana dei principi comunisti, e partecipò al Congresso di Verona. Proprio a Bombacci si attribuisce il progetto di "socializzazione", notevolmente propagandato dal fascismo repubblicano ed approvato dal consiglio dei ministri della RSI nel febbraio del 1944.

Negli ultimi mesi di guerra (settembre 1944 - marzo 1945) non smise di propagandare la causa del fascismo come unica vera rivoluzione e realizzazione del trionfo del lavoro, dando conferenze e facendo comizi tra gli operai nelle piazze del Nord della penisola.

Bombacci rimase al fianco di Mussolini fino all'ultimo momento: i partigiani lo catturarono, in fuga per la Svizzera, nella stessa vettura del duce, lo fucilarono sulle rive del lago di Como il 28 aprile del 1945. La mattina del 29 aprile lo appesero per i piedi al distributore di benzina nel Piazzale Loreto, a Milano, insieme all'ex dittatore, Claretta Petacci ed alcuni gerarchi fascisti, sotto la scritta "Supertraditore".

[fonte: it.wikipedia.org]

«Compagni! Guardatemi in faccia, compagni!
Voi ora vi chiederete se io sia lo stesso agitatore socialista,
il fondatore del Partito comunista,
l’amico di Lenin che sono stato un tempo.
Sissignori, sono sempre lo stesso!
Io non ho mai rinnegato gli ideali per i quali ho lottato
e per i quali lotterò sempre…
Ero accanto a Lenin nei giorni radiosi della rivoluzione,
credevo che il bolscevismo fosse all’avanguardia del trionfo operaio,
ma poi mi sono accorto dell’inganno…
Il socialismo non lo realizzerà Stalin, ma Mussolini
che è socialista
anche se per vent’anni è stato ostacolato
dalla borghesia che poi lo ha tradito…
ma ora Mussolini si è liberato di tutti i traditori
e ha bisogno di voi lavoratori per creare il nuovo Stato proletario.»

(Nicola Bombacci - 15 Marzo 1945)