Salve ragazzi,come ho avuto occasione di vedere dai blog di alcuni amici (e la stessa cosa noto anche per me), ultimamente, la grafofilia è di moda.
Come tutti ben sapete, si sono appena conclusi i due-giorni della tornata referendaria, ancora una volta terminata senza che il raggiungimento del quorum potesse dare glorie e delusioni a vincitori e sconfitti e riuscisse a scuotere questo clima di immobilità che fa comodo solo a chi cerca di conservare il proprio status quo.
Referendum ... quorum ... status quo
Penso che chiunque si sarebbe meravigliato nel vedere una così bassa affluenza alle urne, tale da non arrivare neanche al 14% nella nostra Grottaminarda.
Aldilà delle modifiche proposte ai testi di questo referendum (possibili attenuanti per giustificare le bassissime percentuali di affluenza in tutta Italia), volevo far notare che dal 1946 sono state ben 64 (in media più di una all'anno) le deleghe di decisione che sono state sottoposti al vaglio della popolazione, dove solo 23 hanno visto il raggiungimento del quorum. Ciò significa che i nostri soldi, che sono stati spesi per tutti gli altri 41 referendum, sono stati soldi buttati.
Mi dispiace tantissimo notare come sia caduto in disuso l'esercizio della nostra democrazia, come siamo riusciti a disabituarci a pensare, a ragionare, a essere capaci di scegliere.
Ritengo solo che tutto questo nostro disinteressamento verso il nostro futuro non ci faccia per nulla onore, e
vorrei ricordare agli
- astenuti convinti e contenti,
- astensionisti tattici,
- astensionisti strategici
che
- la Repubblica, in Italia, non è stata conquistata certo con l'astensionismo, in quell'ormai lontano 2 Giugno 1946,
- se volessimo prendere esempio, in tema di votazioni referendarie, da due popoli che sono considerati tra i più liberi e civili al mondo, dovremmo abolire l'obbligo di raggiungimento del quorum per i referendum (vedi Svizzera e Stati Uniti D'America).
Come al solito, a voi le conclusioni.
«Se la libertà significa qualcosa, allora significa
il diritto di dire alla gente cose che non vogliono sentire.»
(George Orwell)